La parola cambiare è chiara e la sua etimologia lo conferma: sostituire una cosa con un’altra. Nonostante ciò, nella vita, nella quotidianità, tale significato apparentemente perde la sua valenza perché non cambia nulla, fatta eccezione per il nome con cui vengono chiamate le cose; ma aggiungo “nel breve termine, forse”.
La sensazione è che quel che sta avvenendo è un cambiamento che si muove su più livelli, come sempre avvenuto storicamente, e su delle temporalità ed intenti che certamente sono diversi.
L’avvento delle biotecnologie, il processo d’integrazione tra la rete e la realtà, la limitatezza delle materie prime, certamente stanno modificando la vita delle persone e i modelli sociali che la regolano.
Se da un lato i trend globali dominanti si sviluppano velocemente, i loro riflessi, nei singoli Stati, caratterizzano l’evolversi degli eventi; si pensi alla Grecia e all’Italia, casi emblematici in Europa.
Paesi dove la contiguità tra il sistema pubblico ed il sistema privato ha determinato l’eccellenza dell’inefficienza, caratterizzato da un sistema economico produttivo che allo stato attuale necessita di una profonda riorganizzazione e definizione nel proprio modello di sviluppo.
Sul piano politico istituzionale la rielezione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano segna un passaggio determinante ed evidenzia le difficoltà in cui versa il risultato di un modello sociale che ha caratterizzato quest’ultimo mezzo secolo. Ciò è reso ancor più palese dallo scollamento tra intere componenti della società e la classe dirigente, fatto che, a cascata, si riflette anche nei più piccoli comuni.
Penso sia lecito chiedersi: cosa è avvenuto spontaneamente e cosa no?
A nostro modo di vedere, quando il caos regna, è bene guardare chi nel caos trova il suo ordine.
Ad esempio alle elezioni nazionali e “presidenziali” abbiamo visto la Rete, e le sue possibili applicazioni, imporsi nel dibattito pubblico come ipotetico strumento attivo per le vicende politico-istituzionali; nel futuro, chi vivrà vedrà!
Oppure, si pensi al grande affare collegato alla Raccolta dell’oro (?): migliaia di famiglie, giornalmente, svendono i propri beni in oro al fine di recuperare le risorse liquide necessarie per la quotidianità, fatto possibile solo in un contesto generalizzato di difficoltà ed in mancanza di una prospettiva chiara per il futuro.
In queste dinamiche si confrontano interessi che in una prospettiva temporale sono differenti: oggi la popolazione dei paesi in difficoltà per bisogno svende, i vari intermediari lucrano, i Mercati (?) finanziari lucrano, Altri (?) acquistano, immagazzinano, e creano ulteriore ricchezza per il loro domani; nel futuro, chi vivrà, vedrà!
È bene ricordare quel che è avvenuto alcuni anni fa, e come si è manifestata dopo (crisi derivati), quando abbiamo assistito alla proliferazione degli Istituti di credito al consumo, con la relativa facilità d’accesso; successivamente i rubinetti si sono chiusi ed è stato il turno dei recupero crediti, quindi con annessi e connessi; ed oggi, è il momento della raccolta.
Quale sarà il conto che presenteranno domani e chi lo presenterà?
Ps: è bene sottolineare i risultati istituzionali raggiunti, proprio in questi ultimi mesi, da regioni come la Sicilia Si pensi all’abolizione delle province, all’applicazione dell’art 37” anche se ancora… Sembra quasi che la mancanza di un governo centrale valorizzi maggiormente l’azione regionale. Sembra.
Michele Cannavò